FORMA >< SOSTANZA

Antagonisti e complici nella comunicazione. Per quanto si possa discutere sulla superiorità dell’una o dell’altra, è evidente la loro indissolubile coesistenza. Tanto più che a dirlo è uno che, per inclinazione, abolirebbe la prima in favore della seconda.

Senza forma non si può dire nulla.

Senza linee e punti è impossibile muovere il pensiero.
Anche le più profonde, penetranti e acute osservazioni, senza forma di parole, non avrebbero né effetto né valore.

Perché affaticarsi a comunicare, se si rivelerà un flop senza risultati? Un progetto organico, pensato e studiato da chi ha le conoscenze e la capacità di applicarle, è la chiave per una comunicazione visiva che centri il bersaglio.

Non lasciare che le tue parole si confondano nella massa. Scegli di esprimerti con efficacia.

La fede sensuale

“Perché sposarsi se un rapporto di coppia dura comunque solo finché dura la passione?” mi ha detto uno che stava vivendo una storia tormentata. “Non voglio mica essere costretto di invecchiare con una che, con ogni probabilità, fra qualche anno non sopporterò più!”

“Giusto” gli ho risposto, “guai a chi ti sposa se sai di non amarla”.

“Ma che hai capito? Stiamo bene insieme. Solo che domani potrei innamorarmi di un’altra…”

L’incapacità di amare con impegno è un segno degli ultimi tempi, una maledizione che la società si è tirata addosso da sola. Tutti si danno alla caccia esasperante del proprio piacere. Legami di qualunque amicizia, lealtà o impegno preso, nel momento in cui vanno a intralciare la sacrosanta felicità personale, devono essere troncati senza obblighi e ripensamenti.

Sei scontento della tua donna? Che ci vuole, trovatene un’altra. Occuparti del nonno invalido ostacola la tua libertà? Parcheggialo in un ospizio. Ti stressa aver promesso di dare una mano a un amico per ristrutturare il suo appartamento? No problem! Stacca la segreteria telefonica e va’ a farti una partita di calcetto. E chi ti dice niente? Soddisfatti o rimborsati è il tuo diritto.

È un atteggiamento che si riscontra anche negli ambienti evangelici: oggi si ha un concetto edonistico di quello che è spirituale. “Spirituale” è contrapposto a “sensuale”, ma, pensandoci bene, a volte, nella realtà del nostro modo di ragionare, i termini si sovrappongono, si scambiano, si confondono. Particolarmente quando si parla d’intimità con il Signore.

Se per intimità si intende quella confidenza fatta di onestà e genuinità che permette di vivere apertamente, senza dover stare sempre sulla difensiva, è una cosa buona. Ma, nella nostra cultura, intimità ha intrinseche connotazioni sensuali di complicità. Per cui si ha l’idea che l’intimità con Dio serva per godersi meglio la vita.

Non si cerca più Dio per quello che Lui è, ma per vivere meglio, per sentirsi realizzati. Così si confonde la spiritualità con i sentimenti.

Alcuni, addirittura, scambiano uno scoppio emotivo di gioia o di pianto incontrollato in certe riunioni di preghiera, per un tocco autentico del Signore. Come se le emozioni potessero indicarci quando Dio è all’opera e quando non lo è. Se così fosse, Dio agirebbe nella mia vita solo in quelle rare e sporadiche occasioni in cui sono particolarmente euforico. Passato il momento, sono subito alla caccia di un’altra esperienza forte, magari solamente per rassicurarmi che Dio non si sia dimenticato di me.

O, peggio ancora, per paura di non sperimentare un appagamento che mi spetta di diritto.

“Esultare nello Spirito Santo” e essere “tristi secondo Dio”, intesi nel senso biblico, dovrebbero produrre un profondo cambiamento nella mia vita di ogni giorno.

È certamente più spirituale ubbidire a un comando specifico di Dio, piuttosto che avere un’esperienza religiosa. E, fatemelo dire, i periodi di “aridità spirituale” di cui molti si lamentano di soffrire, non hanno nulla a che fare con i sentimenti, ma con l’ubbidienza incondizionata a Dio.

Perché con Dio, come nel rapporto di una coppia sposata da anni, o in un’amicizia di lunga data, la maggior parte del tempo non ci si sente intimi, ma lo si è per via dell’onestà e responsabilità reciproca.

Vuoi uscire dal tuo deserto spirituale? Smettila di occuparti dei tuoi sentimenti e metti in pratica quello che la Bibbia insegna.

Alcune canzoni pseudo-evangeliche dipingono Gesù come un super fidanzato. Secondo me rasentano la bestemmia. Una cosa è quando Dio descrive la sua chiesa come la sposa di Cristo, un’altra, totalmente falsa, è alludere che l’eterno Figlio di Dio possa essere il tuo boy friend.

Forse per questo ci sono persone deluse e che si allontanano dalla fede. Sono state attirate con false, ingenue promesse di salute, benefici e felicità. Qualcuno ha trasmesso loro l’idea che un rapporto spirituale con il Signore sia vivere in uno stato mistico trascendentale, ma quando i conti non tornano e la passione finisce, finisce anche il loro flirt con la fede.

La vera spiritualità e la vera intimità con Dio sono fatte di morte. Morte a me stesso. Non è un bel programma pubblicitario, lo ammetto, perché non fa leva sui miei bisogni sentiti e sulle mie aspirazioni. Per avere vita, devo essere disposto a morire a me stesso. Nel vangelo di Marco, la prima metà del libro narra di Gesù che guarisce la gente, le mostra come avere la vera vita. Poi, improvvisamente cambia, comincia a insegnare e a mostrare alla gente come morire. Questo è il cristianesimo.

Morire a se stessi vuol dire fare sacrifici per il bene di un altro, rimanere leali alle promesse fatte anche a scapito proprio, sopportare, anzi amare gli altri quando sono difficili ad amare e perdonare e dimenticare i torti subiti. Proprio come Cristo ha fatto con me.

La spiritualità autentica è imitare Cristo nel suo darsi agli altri. Non per un tornaconto personale, ma come una risposta spontanea all’amore di Cristo.

La sensualità ricerca un appagamento personale istantaneo. La vera intimità con Dio si vive nell’ordinario quotidiano e trasforma la passione in amore pratico e duraturo.